lunedì 27 aprile 2009

Eccoci arrivati a Padova. Il mese è terminato. Devo ancora riprendermi. Non mi rendo ancora conto di tutto quello che è successo. Mi sembra che sia stato un sogno. Che a poco a poco ne svanirà anche il gusto, rimastomi appicicato, chissà perchè. 
Non può esistere un luogo del genere se non in un posto ultimamente irreale. E' difficile pensarci. E' sempre più inutile cercare di riprovare le sensazioni scaturite dall'incontro con questo sconcertante mondo del molteplice. Tutto sta svanendo per trovare una sua unità? Mi sembra impossibile. Ora capisco meglio Shankara e la sua dottrina. Capisco l'esigenza di un'esperienza unitaria che ha accomunato molti mistici indiani.
Stamattina mi sono svegliato presto, preso da una sorta di frenesia, come mi capita ultimamente, e sono andato alla ricerca di risposte nei miei numerosi libri. Di parole che rischiarassero la mia espierenza. 
Qualcosa ho trovato. In un libricino di un indologo italiano che tanto stimo. Stefano Piano. Parole che avevo già letto ma che ora assumono tutt'altro aspetto. Ne cito dei brevi passi. Quelli più significatici per la mia esperienza:

"Una delle esperienze che si fanno più frequentemente in India, specialmente quando si visita per la prima volta quel grande paese, e ancor più se ci si trova in uno dei molti luoghi santi con le loro folle immense di pellegrini, è una sorta di smarrimento: è la sensazione, a volte sgradevole, di una perdita progressiva e inarrestabile della propria identità personale. Immersi in una realtà dai mille colori, odori, sapori, suoni, rumori confusi e assordanti, circondati e quasi travolti da migliaia di volti sconosciuti, si ha talvolta la netta sensazione della propria fragilità e della propria pochezza, di creature come tante, troppe altre, rapite in un turbinio caleidoscopico di forme e di apparenze oltre ogni immaginazione. Si giunge perfino - e l'esperienza è senza dubbio insolita - a provare una sorta di saturazione dei sensi, diventando incapaci di figurarsi ancora con la mente un volto famigliare e amico, un'immagine qualsiasi, che ci parli del “nostro” mondo, di un orizzonte esperienziale conosciuto e che possa costituire come un'ancora di salvezza nell'oceano tempestoso di un frenetico divenire.

Se si è provata anche solo una volta questa sensazione, si può capire più facilmente come l'animo indiano, di fronte a una molteplicità così esasperata delle apparenze terrene, abbia cercato con tutte le sue forze l'esperienza opposta dell'unità, della semplicità, del perfetto isolamento, e abbia finito per trovarla al termine di un percorso “religioso”."1



E ancora:


"Quest'idea dell'unità dell'Essere non è meno esasperata di quella molteplicità dalla quale l'uomo intendeva fuggire, giacché - almeno secondo una delle più autorevoli scuole di pensiero indiano, quella del Vedânta - solo il Bráhman esiste e tutto il resto non è che un'apparenza vana, illusoria, frutto di mâyâ, cioè del potere di auto-nascondimento dell'unica Realtà. Se da una parte questa concezione può portare il mistico alla sublime consapevolezza della propria identità con il Tutto (aham brahmâsmi, “io sono il Bráhman”), dall'altra non soddisfa le esigenze della pietà popolare, che ha bisogno di instaurare col divino un rapporto personale fra un “io” e un “Tu”."2


Fuggire. Per andare dove? Qual' è la via? O meglio la mia via? Questo viaggio si è fatto sopratutto per capire ciò. E adesso? La paura è di non averci capito niente. La paura è di far finta di non averci capito niente. Far finta di non vederla la propria via. Rifiutarsi di percorrerla. Per una sorta di precomprensione. O forse per un attaccamento al proprio dolore.


1. Stefano Piano, Primo incontro con l'India, Torino, Magnanelli, 2002
2. Ibidem

domenica 19 aprile 2009

Ed eccomi di nuovo a Delhi.
Gli ultimi giorni li ho passati viaggiando. Da Varanasi a Khajuraho. Da Khajuraho son partito prima del previsto per sostare un giorno a Orcha. Tranquilla cittadina a neanche 200 kilometri da Khajuraho. Qui sono riusciuto a fare solo delle foto al Jehangir Mahal, un palazzo del XVII secolo costruito in onore del principe mughal Salim che poco prima era diventato imperatore con il nome appunto di Jehangir. Ho visitato anche il Ram Raja Mandir, l' unico tempio in cui Rama(protagonista del Ramayana, poema epico che narra le vicissitudini di questo principe, diventato poi re di Ayodhya, nonche avatara del dio Vishnu, disceso in terra per ristabilire l'ordine) viene venerato come re(o cosi almeno dice la Lonely Planet. Dovro verificare). Qui ho assistito ai riti serali. Non era possibile ovviamente portare la macchina fotografica all' interno. Da Orcha ieri sono andato a Jhansi per prendere il treno diretto a Delhi. Tralasciando la fatica per fare il biglietto(si parla male di come gli italiani stanno in fila ma dovreste vedere in India che succede...), il viaggio in treno e stato come sempre complicato. Trovata la mia cuccetta ho scoperto che era stata assegnata anche ad altre due persone. Alla fine ci si e stretti in quattro su due cuccette. Morale della favola: sono riuscito per la prima volta a dormire in treno... Infine eccoci qui. Ma tra poco piu di due giorni si torna in Italia.
Che dire. Sono tornato alla mia prima tappa. Paharganj. In Main bazaar. Adesso sono in un hotel labirintico molto "pittoresco". I ricordi terribili dei primi giorni sono sbiaditi. Resto comunque dell'idea che le citta indiane siano difficilmente digeribili e la convinzione si e rafforzata dopo aver visitato due piccoli villaggi come Khajuraho e Orcha. Tranquilli e colmi di sorprse deliziose. Lontane dal caos delle strade di Delhi o Varanasi. Poi naturalmente anche le citta hanno le loro oasi. A Varanasi ci sono i suoi splendidi ghat. A Delhi... non so. I primi giorni li ho passati in albergo terrorizzato dal primo impatto con questa pazza India. Vedro che potro fare in questi giorni per scoprirle. Per ora postero altre foto di Khajuraho e qualcuna scattata ad Orcha.






giovedì 16 aprile 2009

Eccoci a Khajuraho. Era una delle tappe che mi ero prefisso di fare ed alla fine ce l'ho fatta. Non e stato facile arrivarci. Causa la visita di tale diarrea che ha aspettato fino a due ore prima della partenza del treno per farmi visita...
Comunque, otto ore dopo, eccomi qui.
Questo paesino sperduto del Madhya Pradesh esiste in funzione del suoi meravigliosi templi con decorazioni a tema "erotico-religioso". Questi Templi, costruiti tra il 950 e il 1050 d.c. e abbandonati sotto la minaccia dell'invasione afgana, furono "riscoperti" nel 1838, dopo che un ufficiale inglese fu guidato fino alle loro rovine, coperte ormai da una folta vegetazione, da uno dei portatori della sua portantina.
Il sito e magnifico. Molto emozionante. Si rischia il sovraccarico per il numero e la varieta di immagini. Si va dal tempio dedicato a Visnhu(con annesso un tempietto dedicato al sua avatara in forma di cinghiale(Varaha) a quelli dedicati a Shiva(e pure un tempietto dedicato alla sua cavalcatura, il toro Nandin), a molti altri ancora. Comunque parleranno le foto per me. Ne posto alcune, poi ne seguiranno altre.
Oltre a tutto cio, questa mattina, mentre cercavo un tempio, ho incontrato un ragazzino che si improvvisava guida turistica per fare qualche soldo. Alla fine sono arrivato in un tempietto che stava di fronte ad un negozio di varie chincaglierie(in mezzo alle quali si trovavano pezzi decisamente illegali per la loro datazione). Fatta amicizia col ragazzino che la gestiva(un vaishya, mentre l'altro era uno Kshatriya[rispettivamente terza e seconda casta, mentre la prima e quella dei brahmana]), mi sono imbattuto in una corsa(abitante della corsica) che, in cambio di lezioni di inglese, alloggia con questa famiglia.
Mattina piacevole di chiacchere in piu lingue(dal francese all'inglese allo hindi) accompagnati da una buona dose di chay.


Valeva veramente la pena di venire in India anche solo per vedere Khajurao



venerdì 10 aprile 2009

SOGNO A VARANASI

Cammino tra i ghat. Ogni tanto perdo l'orientamento e finisco in acqua. Nel Gange. Quando inizio a nuotare mi accorgo dove sono e cambio rotta. Cosi continuo a camminare con ai piedi attaccato qualunque genere di cosa, compresi dei bambini dagli occhi che coprono quasi tutto il loro viso. L'unico segno di preoccupazione e un rapido sguardo alle mie spalle.
Dopo un po mi accorgo di non vedere piu. sembra di essere avvolto dal fumo. Ha un odore dolciastro. E l'unico segno distinguibile. Lo seguo.
Inizio a vedere delle sagome che si muovono nella mia stessa direzione. Ora e una folla. Siamo sempre piu stretti. non si respira. Eppure si continua a camminare.
Ormai non cammino piu. Mi lascio trascinare da quella massa informe. Chiudo gli occhi.
Mi sveglio in un autoriksho, scosso dalle buche e dalla guida impossibile dell'autista. Passa sopra le persone e le cose. Risparmia solo le vacche e gli scarafaggi. Ad un certo punto si gira a parlarmi ma non capisco. Rimango semplicemente a guardare la sua lingua. E un serpente che mi ipnotizza con la sua sinuosita ritmata dal continuo sbattere sul palato. Non mi accorgo quasi che stiamo letteralmente rotolando in mezzo al traffico asfissiante. Si aggiunge il suono di un clackson. Poi due. Tre. Dieci. Mille. Alla fine diventano un unica vibrazione che mi entra nel buco del culo e mi esce dalla sommita del cranio, sfondandolo.
Ritorno in me stesso quando il riksho e ormai fermo e l'autista e in piedi al mio fianco con il braccio teso e la mano aperta. Guarda in un punto imprecisato dell'orizzonte. Io sono tutto sudato ed ho il respiro affannoso. Gli occhi sono due fessure infuocate. Cerco di scoprire cosa guarda ma la visione annega nel mio sudore. Si fa incandescente. Devo distogliere lo squardo.
Tolgo fuori il portafoglio, glielo lascio e me ne vado senza piu voltarmi.

giovedì 9 aprile 2009

Una mattina qualunque a Varanasi. Mi sveglio la mattina presto. 3e30. Non posso ancora uscire. Sono ostaggio dell'albergo. Accendo la tv. solite cose: politica, kricket, qualche film pittoresco.Spengo. Approffitto del silenzio per studiare un po di hindi.
Alle 6 sono pronto per la solita passeggiata tra i ghat. Dall'Assi ghat costeggio il gange fino al Manikarnika ghat, il luogo piu fausto per farsi cremare.
Varanasi e viva. I venditori di chay(tea) sono gia attivi ed i bambini giocano a kricket.
I barcaioli ti vedono appena metti piede sul ghat e non ti mollano finche non passi nell'altro ghat.
Un passo dopo l'altro. I pensieri che vorticano. Varanasi che non ti molla. Coi suoi santoni. Coi suoi accattoni. Coi suoi bambini. In cerca di coin o dolci. Comunque sempre pronti a regalarti un sorriso. Che magari poi non vuole neanche essere un regalo.
Camminata straniera. Ci si studia a vicenda. Un po di curiosita e molto interesse. Mio e loro.
Arrivato al Manikarnika sono gia fuso. La visione e magnifica anche se non capisco perche. Non capisco neanche cosa sto guardando. Comunque fotografo. Fotografia da 1300 rupie. for my karma.
Torno indietro frastornato. Il sole e ancora basso ma il caldo inizia a farsi sentire.
Mi fermo al solito chioschetto del chay. In Jain ghat. La solita tredicenne mi vede da lontano e mi sorride. Cosi anche i bambini che non perdono tempo per chiedermi di comprargli dei biscotti. Bevo il mio chay in silenzio. Ogni tanto la bambina mi fa qualche domanda.Mi chiede perche ieri non sono passato. Che mi aspettava. Mi chiede ancora se ho degli euro coin. Le dico che li ho finiti ma lei insiste. Rispondo con un sorriso.
Pago un paio di biscotti e vado via. "Ricordati di passare domani" mi fa lei.
Torno in albergo e faccio colazione. Sto in camera fino alle 17. Un po sonnecchiando un po studiando.
Quando il sole sta ormai scomparendo e l'aria si fa piu respirabile, scendo nel ghat. mi siedo su un gradino vicino a un chiosco e mi allungano del chay. Rimango a guardare il gange e l'umanita che mi sta intorno per piu di un ora. Mi si avvicina qualche turista. Gesti di intesa ma niente parole.
Qualche frase buttata li con qualche indiano. Bambini che si avvicinano per venderti postcard o lumicini. Che rimangono poi a parlare. Impagabili.
Al terzo chay mi alzo e assisto al rito della sera rivolto alla Ganga ed a Shiva. Finisce tutto in una pioggia di petali sul gange ed un bindu in fronte.
Torno in albergo. Dopo aver letto un po di Bhagavad Gita, ceno. Mi stendo sul letto e accendo la tv. Mi districo tra star e guru, danze e sport. Prima di prendere sonno scopro che l'India ha battuto la Nuova Zelanda. Kricket.

sabato 4 aprile 2009

Eccomi a Varanasi. Sono arrivato il 2 a mezzogiorno. Dopo un lungo viaggio in treno da Agra(alla fine piu di 14 ore e mezza)





L'ultimo giorno ad Agra ho avuto modo di vedere altre due tombe ed una certa quantita di scimmie(sempre loro si).


Mi sono alzato molto presto. Alle cinque ero gia sul tetto dell' albergo a sentire il canto del muezzin(fa un certo effeto sentirli salmodiare "Allahu Akhbar" proprio vicino alla tomba di Akhbar).
Alle 8 stavo gia visitando quello che viene comunemente chiamato Baby Taj.


E stato un tour molto rilassante, dato dal fatto che questi siti erano pressoche deserti(forse anche per l'ora da galline). Ma la meta migliore e stata la riva della Yamuna da cui si vedeva la facciata nord del Taj Mahal.


Ma non solo...






Il treno l'ho preso alle 21e15 circa. Preso in extremis visto che ero in lista d'attesa ma non l'ho saputo fino all'arrivo del treno e dopo aver interrogato varie persone, sopratutto guardie... comunque alla fine son riuscito a prenderlo(dopo che tre tizi in completo scuro seduti su una panchina del binario e con dei tabulati in mano, mi hanno assegnato un posto) e, dopo aver combattuto per occuparlo, ho cercato invano di dormire(maledetti ventilatori!).


La mattina, in compenso, e stata piacevole. Il treno, arrivato a Locknow, si e svuotato ed io ho avuto modo di scendere dalla mia cuccetta in cima per gustarmi la piana gangetica in perfetta solitudine. Questa zona e meno povera di quella vista fino ad ora. Si incontravano spesso contadini indaffarati nella raccolta di quello che pareva essere grano.

Ma il viaggio lo ricordero sopratutto per l'incontro con un bambino che chiedeva soldi per "khana"(mangiare).

Finche le guardie non l'hanno scacciato in malo modo e intimato me di mettere via la videocamera...



Arrivato a Varanasi mi sono subito scontrato con il solito guidatore di riscio che ti porta dove vuole lui. Aveva una parlantina tanto dirompente che alla fine gli ho fatto fare il giro che voleva, salvo poi ribadire che avevo gia deciso dove alloggiare e che mi ci portasse pleeease!.
Archiviata quella pratica sono arrivato alla mia meta: il Sahi River View Gest House. un delizioso alberghetto familiare sull' Assi ghat.
Il primo pranzo e stato eccezzionale. Un thali vegetariano coi fiocchi, incorniciato da unu mezzoradu(yogurt), che solo mia madre sa fare cosi buono, e un simil-pane carasau speziato di cui mi dimentico sempre il nome.

La sera ho fatto le prime foto.




Non voglio dire ancora niente di Varanasi. Per ora faccio parlare le poche foto che ho scattato.