lunedì 27 aprile 2009

Eccoci arrivati a Padova. Il mese è terminato. Devo ancora riprendermi. Non mi rendo ancora conto di tutto quello che è successo. Mi sembra che sia stato un sogno. Che a poco a poco ne svanirà anche il gusto, rimastomi appicicato, chissà perchè. 
Non può esistere un luogo del genere se non in un posto ultimamente irreale. E' difficile pensarci. E' sempre più inutile cercare di riprovare le sensazioni scaturite dall'incontro con questo sconcertante mondo del molteplice. Tutto sta svanendo per trovare una sua unità? Mi sembra impossibile. Ora capisco meglio Shankara e la sua dottrina. Capisco l'esigenza di un'esperienza unitaria che ha accomunato molti mistici indiani.
Stamattina mi sono svegliato presto, preso da una sorta di frenesia, come mi capita ultimamente, e sono andato alla ricerca di risposte nei miei numerosi libri. Di parole che rischiarassero la mia espierenza. 
Qualcosa ho trovato. In un libricino di un indologo italiano che tanto stimo. Stefano Piano. Parole che avevo già letto ma che ora assumono tutt'altro aspetto. Ne cito dei brevi passi. Quelli più significatici per la mia esperienza:

"Una delle esperienze che si fanno più frequentemente in India, specialmente quando si visita per la prima volta quel grande paese, e ancor più se ci si trova in uno dei molti luoghi santi con le loro folle immense di pellegrini, è una sorta di smarrimento: è la sensazione, a volte sgradevole, di una perdita progressiva e inarrestabile della propria identità personale. Immersi in una realtà dai mille colori, odori, sapori, suoni, rumori confusi e assordanti, circondati e quasi travolti da migliaia di volti sconosciuti, si ha talvolta la netta sensazione della propria fragilità e della propria pochezza, di creature come tante, troppe altre, rapite in un turbinio caleidoscopico di forme e di apparenze oltre ogni immaginazione. Si giunge perfino - e l'esperienza è senza dubbio insolita - a provare una sorta di saturazione dei sensi, diventando incapaci di figurarsi ancora con la mente un volto famigliare e amico, un'immagine qualsiasi, che ci parli del “nostro” mondo, di un orizzonte esperienziale conosciuto e che possa costituire come un'ancora di salvezza nell'oceano tempestoso di un frenetico divenire.

Se si è provata anche solo una volta questa sensazione, si può capire più facilmente come l'animo indiano, di fronte a una molteplicità così esasperata delle apparenze terrene, abbia cercato con tutte le sue forze l'esperienza opposta dell'unità, della semplicità, del perfetto isolamento, e abbia finito per trovarla al termine di un percorso “religioso”."1



E ancora:


"Quest'idea dell'unità dell'Essere non è meno esasperata di quella molteplicità dalla quale l'uomo intendeva fuggire, giacché - almeno secondo una delle più autorevoli scuole di pensiero indiano, quella del Vedânta - solo il Bráhman esiste e tutto il resto non è che un'apparenza vana, illusoria, frutto di mâyâ, cioè del potere di auto-nascondimento dell'unica Realtà. Se da una parte questa concezione può portare il mistico alla sublime consapevolezza della propria identità con il Tutto (aham brahmâsmi, “io sono il Bráhman”), dall'altra non soddisfa le esigenze della pietà popolare, che ha bisogno di instaurare col divino un rapporto personale fra un “io” e un “Tu”."2


Fuggire. Per andare dove? Qual' è la via? O meglio la mia via? Questo viaggio si è fatto sopratutto per capire ciò. E adesso? La paura è di non averci capito niente. La paura è di far finta di non averci capito niente. Far finta di non vederla la propria via. Rifiutarsi di percorrerla. Per una sorta di precomprensione. O forse per un attaccamento al proprio dolore.


1. Stefano Piano, Primo incontro con l'India, Torino, Magnanelli, 2002
2. Ibidem

domenica 19 aprile 2009

Ed eccomi di nuovo a Delhi.
Gli ultimi giorni li ho passati viaggiando. Da Varanasi a Khajuraho. Da Khajuraho son partito prima del previsto per sostare un giorno a Orcha. Tranquilla cittadina a neanche 200 kilometri da Khajuraho. Qui sono riusciuto a fare solo delle foto al Jehangir Mahal, un palazzo del XVII secolo costruito in onore del principe mughal Salim che poco prima era diventato imperatore con il nome appunto di Jehangir. Ho visitato anche il Ram Raja Mandir, l' unico tempio in cui Rama(protagonista del Ramayana, poema epico che narra le vicissitudini di questo principe, diventato poi re di Ayodhya, nonche avatara del dio Vishnu, disceso in terra per ristabilire l'ordine) viene venerato come re(o cosi almeno dice la Lonely Planet. Dovro verificare). Qui ho assistito ai riti serali. Non era possibile ovviamente portare la macchina fotografica all' interno. Da Orcha ieri sono andato a Jhansi per prendere il treno diretto a Delhi. Tralasciando la fatica per fare il biglietto(si parla male di come gli italiani stanno in fila ma dovreste vedere in India che succede...), il viaggio in treno e stato come sempre complicato. Trovata la mia cuccetta ho scoperto che era stata assegnata anche ad altre due persone. Alla fine ci si e stretti in quattro su due cuccette. Morale della favola: sono riuscito per la prima volta a dormire in treno... Infine eccoci qui. Ma tra poco piu di due giorni si torna in Italia.
Che dire. Sono tornato alla mia prima tappa. Paharganj. In Main bazaar. Adesso sono in un hotel labirintico molto "pittoresco". I ricordi terribili dei primi giorni sono sbiaditi. Resto comunque dell'idea che le citta indiane siano difficilmente digeribili e la convinzione si e rafforzata dopo aver visitato due piccoli villaggi come Khajuraho e Orcha. Tranquilli e colmi di sorprse deliziose. Lontane dal caos delle strade di Delhi o Varanasi. Poi naturalmente anche le citta hanno le loro oasi. A Varanasi ci sono i suoi splendidi ghat. A Delhi... non so. I primi giorni li ho passati in albergo terrorizzato dal primo impatto con questa pazza India. Vedro che potro fare in questi giorni per scoprirle. Per ora postero altre foto di Khajuraho e qualcuna scattata ad Orcha.






giovedì 16 aprile 2009

Eccoci a Khajuraho. Era una delle tappe che mi ero prefisso di fare ed alla fine ce l'ho fatta. Non e stato facile arrivarci. Causa la visita di tale diarrea che ha aspettato fino a due ore prima della partenza del treno per farmi visita...
Comunque, otto ore dopo, eccomi qui.
Questo paesino sperduto del Madhya Pradesh esiste in funzione del suoi meravigliosi templi con decorazioni a tema "erotico-religioso". Questi Templi, costruiti tra il 950 e il 1050 d.c. e abbandonati sotto la minaccia dell'invasione afgana, furono "riscoperti" nel 1838, dopo che un ufficiale inglese fu guidato fino alle loro rovine, coperte ormai da una folta vegetazione, da uno dei portatori della sua portantina.
Il sito e magnifico. Molto emozionante. Si rischia il sovraccarico per il numero e la varieta di immagini. Si va dal tempio dedicato a Visnhu(con annesso un tempietto dedicato al sua avatara in forma di cinghiale(Varaha) a quelli dedicati a Shiva(e pure un tempietto dedicato alla sua cavalcatura, il toro Nandin), a molti altri ancora. Comunque parleranno le foto per me. Ne posto alcune, poi ne seguiranno altre.
Oltre a tutto cio, questa mattina, mentre cercavo un tempio, ho incontrato un ragazzino che si improvvisava guida turistica per fare qualche soldo. Alla fine sono arrivato in un tempietto che stava di fronte ad un negozio di varie chincaglierie(in mezzo alle quali si trovavano pezzi decisamente illegali per la loro datazione). Fatta amicizia col ragazzino che la gestiva(un vaishya, mentre l'altro era uno Kshatriya[rispettivamente terza e seconda casta, mentre la prima e quella dei brahmana]), mi sono imbattuto in una corsa(abitante della corsica) che, in cambio di lezioni di inglese, alloggia con questa famiglia.
Mattina piacevole di chiacchere in piu lingue(dal francese all'inglese allo hindi) accompagnati da una buona dose di chay.


Valeva veramente la pena di venire in India anche solo per vedere Khajurao



venerdì 10 aprile 2009

SOGNO A VARANASI

Cammino tra i ghat. Ogni tanto perdo l'orientamento e finisco in acqua. Nel Gange. Quando inizio a nuotare mi accorgo dove sono e cambio rotta. Cosi continuo a camminare con ai piedi attaccato qualunque genere di cosa, compresi dei bambini dagli occhi che coprono quasi tutto il loro viso. L'unico segno di preoccupazione e un rapido sguardo alle mie spalle.
Dopo un po mi accorgo di non vedere piu. sembra di essere avvolto dal fumo. Ha un odore dolciastro. E l'unico segno distinguibile. Lo seguo.
Inizio a vedere delle sagome che si muovono nella mia stessa direzione. Ora e una folla. Siamo sempre piu stretti. non si respira. Eppure si continua a camminare.
Ormai non cammino piu. Mi lascio trascinare da quella massa informe. Chiudo gli occhi.
Mi sveglio in un autoriksho, scosso dalle buche e dalla guida impossibile dell'autista. Passa sopra le persone e le cose. Risparmia solo le vacche e gli scarafaggi. Ad un certo punto si gira a parlarmi ma non capisco. Rimango semplicemente a guardare la sua lingua. E un serpente che mi ipnotizza con la sua sinuosita ritmata dal continuo sbattere sul palato. Non mi accorgo quasi che stiamo letteralmente rotolando in mezzo al traffico asfissiante. Si aggiunge il suono di un clackson. Poi due. Tre. Dieci. Mille. Alla fine diventano un unica vibrazione che mi entra nel buco del culo e mi esce dalla sommita del cranio, sfondandolo.
Ritorno in me stesso quando il riksho e ormai fermo e l'autista e in piedi al mio fianco con il braccio teso e la mano aperta. Guarda in un punto imprecisato dell'orizzonte. Io sono tutto sudato ed ho il respiro affannoso. Gli occhi sono due fessure infuocate. Cerco di scoprire cosa guarda ma la visione annega nel mio sudore. Si fa incandescente. Devo distogliere lo squardo.
Tolgo fuori il portafoglio, glielo lascio e me ne vado senza piu voltarmi.

giovedì 9 aprile 2009

Una mattina qualunque a Varanasi. Mi sveglio la mattina presto. 3e30. Non posso ancora uscire. Sono ostaggio dell'albergo. Accendo la tv. solite cose: politica, kricket, qualche film pittoresco.Spengo. Approffitto del silenzio per studiare un po di hindi.
Alle 6 sono pronto per la solita passeggiata tra i ghat. Dall'Assi ghat costeggio il gange fino al Manikarnika ghat, il luogo piu fausto per farsi cremare.
Varanasi e viva. I venditori di chay(tea) sono gia attivi ed i bambini giocano a kricket.
I barcaioli ti vedono appena metti piede sul ghat e non ti mollano finche non passi nell'altro ghat.
Un passo dopo l'altro. I pensieri che vorticano. Varanasi che non ti molla. Coi suoi santoni. Coi suoi accattoni. Coi suoi bambini. In cerca di coin o dolci. Comunque sempre pronti a regalarti un sorriso. Che magari poi non vuole neanche essere un regalo.
Camminata straniera. Ci si studia a vicenda. Un po di curiosita e molto interesse. Mio e loro.
Arrivato al Manikarnika sono gia fuso. La visione e magnifica anche se non capisco perche. Non capisco neanche cosa sto guardando. Comunque fotografo. Fotografia da 1300 rupie. for my karma.
Torno indietro frastornato. Il sole e ancora basso ma il caldo inizia a farsi sentire.
Mi fermo al solito chioschetto del chay. In Jain ghat. La solita tredicenne mi vede da lontano e mi sorride. Cosi anche i bambini che non perdono tempo per chiedermi di comprargli dei biscotti. Bevo il mio chay in silenzio. Ogni tanto la bambina mi fa qualche domanda.Mi chiede perche ieri non sono passato. Che mi aspettava. Mi chiede ancora se ho degli euro coin. Le dico che li ho finiti ma lei insiste. Rispondo con un sorriso.
Pago un paio di biscotti e vado via. "Ricordati di passare domani" mi fa lei.
Torno in albergo e faccio colazione. Sto in camera fino alle 17. Un po sonnecchiando un po studiando.
Quando il sole sta ormai scomparendo e l'aria si fa piu respirabile, scendo nel ghat. mi siedo su un gradino vicino a un chiosco e mi allungano del chay. Rimango a guardare il gange e l'umanita che mi sta intorno per piu di un ora. Mi si avvicina qualche turista. Gesti di intesa ma niente parole.
Qualche frase buttata li con qualche indiano. Bambini che si avvicinano per venderti postcard o lumicini. Che rimangono poi a parlare. Impagabili.
Al terzo chay mi alzo e assisto al rito della sera rivolto alla Ganga ed a Shiva. Finisce tutto in una pioggia di petali sul gange ed un bindu in fronte.
Torno in albergo. Dopo aver letto un po di Bhagavad Gita, ceno. Mi stendo sul letto e accendo la tv. Mi districo tra star e guru, danze e sport. Prima di prendere sonno scopro che l'India ha battuto la Nuova Zelanda. Kricket.

sabato 4 aprile 2009

Eccomi a Varanasi. Sono arrivato il 2 a mezzogiorno. Dopo un lungo viaggio in treno da Agra(alla fine piu di 14 ore e mezza)





L'ultimo giorno ad Agra ho avuto modo di vedere altre due tombe ed una certa quantita di scimmie(sempre loro si).


Mi sono alzato molto presto. Alle cinque ero gia sul tetto dell' albergo a sentire il canto del muezzin(fa un certo effeto sentirli salmodiare "Allahu Akhbar" proprio vicino alla tomba di Akhbar).
Alle 8 stavo gia visitando quello che viene comunemente chiamato Baby Taj.


E stato un tour molto rilassante, dato dal fatto che questi siti erano pressoche deserti(forse anche per l'ora da galline). Ma la meta migliore e stata la riva della Yamuna da cui si vedeva la facciata nord del Taj Mahal.


Ma non solo...






Il treno l'ho preso alle 21e15 circa. Preso in extremis visto che ero in lista d'attesa ma non l'ho saputo fino all'arrivo del treno e dopo aver interrogato varie persone, sopratutto guardie... comunque alla fine son riuscito a prenderlo(dopo che tre tizi in completo scuro seduti su una panchina del binario e con dei tabulati in mano, mi hanno assegnato un posto) e, dopo aver combattuto per occuparlo, ho cercato invano di dormire(maledetti ventilatori!).


La mattina, in compenso, e stata piacevole. Il treno, arrivato a Locknow, si e svuotato ed io ho avuto modo di scendere dalla mia cuccetta in cima per gustarmi la piana gangetica in perfetta solitudine. Questa zona e meno povera di quella vista fino ad ora. Si incontravano spesso contadini indaffarati nella raccolta di quello che pareva essere grano.

Ma il viaggio lo ricordero sopratutto per l'incontro con un bambino che chiedeva soldi per "khana"(mangiare).

Finche le guardie non l'hanno scacciato in malo modo e intimato me di mettere via la videocamera...



Arrivato a Varanasi mi sono subito scontrato con il solito guidatore di riscio che ti porta dove vuole lui. Aveva una parlantina tanto dirompente che alla fine gli ho fatto fare il giro che voleva, salvo poi ribadire che avevo gia deciso dove alloggiare e che mi ci portasse pleeease!.
Archiviata quella pratica sono arrivato alla mia meta: il Sahi River View Gest House. un delizioso alberghetto familiare sull' Assi ghat.
Il primo pranzo e stato eccezzionale. Un thali vegetariano coi fiocchi, incorniciato da unu mezzoradu(yogurt), che solo mia madre sa fare cosi buono, e un simil-pane carasau speziato di cui mi dimentico sempre il nome.

La sera ho fatto le prime foto.




Non voglio dire ancora niente di Varanasi. Per ora faccio parlare le poche foto che ho scattato.




lunedì 30 marzo 2009

Appena sono arrivato ad Agra, la sera, Si e festeggiato non so bene cosa. Per le vie di Taj Ganj(il quartiere dove alloggio. Di fronte al portale sud del Taj Mahal) hanno sfilato carri con icone induiste e bande musicali in stile occidentale, con l'aggiunta di cantanti che intonavano quelle che sembravano canzoni popolar-religiose.


La gente del posto era molto coinvolta. A partire dai bambini, che reggevano dei grandi candelabri legati insieme dal filo elettrico, che li congiungeva a degli enormi gruppi elettrogeni ,trainati a mano per mezzo di carretti.
Si avvicinavano per farsi fare delle foto e ridevano nel vedersi. Qualcuno mi ha chiesto pure una penna. Devo dire che e stato tutto molto emozionante. A differenza del tour del giorno dopo.




Non sono proprio bravo a fare il turista. Penso a Roma. Ci sono passato innumerevoli volte, eppure non sono mai andato a vedere il colosseo. O i musei vaticani. O qualunque altra cosa che SI DEVE VEDERE.

Qui mi "impongo" il tour classico. "Sei stato ad Agra e non hai visto il Taj? E il Forte?". Bhe effettivamente...

Il complesso del Taj ovviamente e bellisimo. Come dire il contrario? Ti lincerebbero. Pero non me lo sono gustato. Un po perche qui la condizione di turista e particolare. Salti subito all'occhio. Senti gli sguardi degli indiani che ti seguono incuriositi, interessati(economicamente parlando), un po anche incarogniti nei confronti di te turista coi soldi che passi di sfuggita a rosicchiare un po di india.
E poi diciamocelo, A me non e che interessi gran che l'arte islamica. Anche se comunque e storia indiana. Aspetto di visitare templi indu. Riesco a capire meglio la loro simbologia fatta di icone.


Il forte l'ho trovato piu interessante.

Gli intarsi nell'arenaria rossa sono stupendi




e poi, oltre alle immancabili scimmie,
qualche pippistrello addormentato e uno scoiattolo tutt'altro che impaurito, continuavo ad incontrare una splendida bambina dagli occhi enormi che calzava delle scarpe che, ad ogni passo, facevano il rumore delle trombette dei bambini. Il mio pudore non mi ha permesso di fotografarla, come mi capita sempre in giro per le strade dell'India. Anche quando sono andato al bazaar vicino(o bajar, come dicono molti indiani) il Kinari bazaar(caotico fino all'assurdo. Mi sono trovato in mezzo ad un ingorgo di cui non se ne scorgeva la fine[in senso temporale] e in questo l'impazienza degli indiani giocava un ruolo decisivo).
Dei posti e delle situazioni per me molto piu degni di essere immortalati ma... niente foto.

sabato 28 marzo 2009

Mi scuso gia da ora per la mancanza di accenti. queste tastiere non ce li hanno. rimediero al mio ritorno.
Dato che ci sono ci mettiamo anche le scuse per la presenza di orrori grammaticali.



Allora... mi sento in imbarazzo, perche e la prima volta che scrivo su un blog. E la prima volta che scrivo un diario di viaggio. La prima volta che scrivo ad un pubblico, seppur amico.
Non so quando e quanto potro scrivere e pubblicare foto(mi sono dimenticato. Ho preso la mia prima macchina fotografica pochi giorni prima della mia partenza, quindi non siate troppo esigenti pleeease!), percio e una continua sorpresa anche per me. Io tengo un mio diario cartaceo che aggiorno spesso(mi sto scoprendo grafomane), ma ho intenzione di scrivere qui solo quello che mi viene nel momento, ricorrendo agli appunti solo se c'e bisogno per ricordarmi date o nomi.


sono arrivato a Delhi la mattina del 23 ed e stato uno shock sin da subito. sara stato amplificato dalla mia mancanza di sonno(nel lungo tragitto in aereo non ho mai dormito) e dalla fame arretrata(in qualche modo ho cannato il pasto aereo) ma devo dire che le prime visioni dell'india difficilmente potevano essere peggiori. Delhi e una citta caotica, sporca, dall'aria irrespirabile e dalla poverta sbattuta in faccia ad ogni angolo. Devo dire che non l'ho girata molto ma quel poco mi e bastato.










Appena arrivato ho preso un taxi per Paharganj(un quartiere vicino alla stazione di nuova delhi), ho preso alloggio in un albergo e mi son chiuso in camera fino al giorno dopo.
L'idea iniziale era quella di passarci solo una notte ma poi il timore di aprirmi all'India e stato troppo forte. Mi ci e voluto un altro giorno e tanto autocontrollo per prendere un treno che mi portasse via di li. Dalle vie anguste e trafficate del Maine Bazaar(la strada di paharganj dove alloggiavo. Un grande bazaar dove si scontravano all'ultimo sangue gli autisti dei mezzi piu disparati). Ma ritornero forse piu avanti su questo punto. Vorrei fare una panoramica generale su quello che e successo fino ad ora. Quello che ho visto e sentito. Anche perche qui sono le 13 e io non mangio dalla cena di ieri...
La seconda tappa e stata Mathura, 141 km a sud di Delhi. Luogo dove, secondo la tradizione, nacque e passo la sua infanzia Krishna, il purnavatara(discesa in terra plenaria) del Dio vishnu, Dio mantenitore del Dharma(Ordine cosmico e terreno ma non solo) per eccellenza.

Uno dei libri che mi son portato per accompagnarmi in questo viaggio e proprio la Bhagavad-gita, che leggo per la terza volta(e che tra l'altro devo studiare per un prossimo esame). Libro considerato il vangelo dell'India, ha per protagonista proprio Krishna, l'avatara di Vishnu che, alla fine di un'era(fissata dalla tradizione a circa 5000 anni fa) , discende sulla terra per ristabilire l'ordine compromesso dalle forze dell'adharma(il caos). In questo libro,facente parte del poema epico piu grande che sia mai stato scritto(circa 100.000 strofe), Krishna illustra all'eroe arjuna, prima della battaglia finale, la sua via al moksha(la liberazione dal ciclo delle morti e rinascite).


Detto tutto cio mi tocca ammettere che, per piu ragioni, non sono riuscito a vedere una mazza. Spero di tornarci al ritorno. L'unica cosa degna di essere raccontata e la gita in barca sulla Yamuna, fiume sacro agli indu, che si collega al gange nei pressi di Allahabad. Il mio barcaiolo era un bambino di 15 anni che spiccicava a malapena due parole d'inglese(ma a quanto pare e cosa comune a Mathura avere un vocabolario inglese minimo per lavorare a contatto col turista). Mi ha portato davanti ad ogni ghat(25 mi dice) dicendomene di ognuno il nome. La visione piu divertente era quella delle scimmie che mangiavano e giocavano sui ghat. E stato il primo momento veramente piacevole.


Le notti a Mathura sono state terribili. In continua lotta con le zanzare. Riuscivo a dormire solo dopo l'alba fino al tramonto. Poi il regno era loro.
Dopo la prima notte avevo, solo nel gomito sinistro, non meno di 30 punture...
Capitava spesso di alzarmi nel pieno della notte per cercare conforto nel balcone della mia camera.

Comunque alla fine sono scappato. Ho preso un treno per Agra(a proposito: i treni indiani sono molto puntuali, almeno quelli presi fino ad ora) ed ora eccomi qua. Ho preso alloggio in un alberghetto economico, a poche centinaia di metri dal Taj mahal, famoso per la sua vista privilegiata dal suo tetto del Taj. Non avendolo ancora visitato vi mostro le prime foto dal tetto dell'hotel




Come si puo ben vedere sto tralasciando le visioni desolanti. molte a dire il vero. Predominanti.

Per ora non me la sento. piu avanti...

mercoledì 18 febbraio 2009

NIRVĀṆAṢAṬKA

Iniziamo 'sto blog con il NIRVĀṆAṢAṬKA di ŚAṄKARA, uno dei più grandi pensatori dell'India antica, codificatore del Vedānta Advaita, la dottrina della non-dualità, vissuto tra il VII e l' VIII secolo d.c. Un mistico, un filosofo, un Maestro di spiritualità, un fondatore di ordini monastici e monasteri, un avatāra di Śiva e molto altro ancora.

La mattina dell'undicesimo giorno della metà chiara del mese lunare di Vṛṣabha (Aprile-Maggio) nell'anno Raktākin (58° del ciclo indiano di 60), secondo il Bhacchakaravijaya,, dopo aver annunciato ai suoi discepoli la sua decisione di voler lasciare il corpo, chiese loro se gli era rimasto qualche dubbio sulla sua dottrina. Essi si raccolsero attorno a lui, ognuno ricapitolando fra sé i punti della dottrina rimasti oscuri.

Prima di prendere la parola, fissarono per l'ultima volta il volto sorridente del Maestro, ed il suo semplice sguardo bastò a disciogliere tutti i nodi nel loro cuore: nessuna ulteriore spiegazione era neccessaria.
Allora, nel silenzio generale, Suddhanvabhūti domandò a Śaṅkara di riassumere l'essenza dei suoi insegnamenti. Il Maestro accosentì, intonando le sei strofe che un tempo, su istanza di Govinda, suo maestro, aveva composto sullo stesso tema richiestogli dal rāja.


Né la mente, né l'intelletto, né il senso dell'io, né la memoria io sono; e neppure l'udito, o il gusto, e neppure l'olfatto, o la vista, né lo spazio, né la terra, né lo splendore del fuoco, né l'aria. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!

Non sono il principio vitale sottile, né i cinque soffi animanti il corpo, né le sette sostanze, di cui esso è composto, né le cinque guaine, né l'organo della parola, né la mano, né il piede, né l'ano, né i genitali. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!

Non ho brama, né sono soggetto ad inganno, non provo repulsione o attrazione per alcunché, non ho orgoglio, né rettitudine da esercitare, né liberazione da ottenere. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!

Io non sono soggetto a meriti né a demeriti, gioia e dolore non mi toccano, per me non ci sono né formule, né guadi sacri, né Veda, né sacrifici. Né io sono l'atto del fruire, né l'oggetto di cui si fruisce, né il soggetto fruitore. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!

Per me non c'è morte né paura, né alcuna distinzione di casta, non ho padre, né madre, né nascita, né parente, né amico, né maestro, né discepolo. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!

Non ho forma suscettibile di identificazione, e per essenza sono privo di qualsiasi determinazione esistenziale; a motivo della mia onnipresenza sussisto in ogni stato, al di là della portata dei sensi. Non sono neppure la salvezza, né alcunché di conoscibile. Io sono per natura coscienza e beatitudine, io sono Śiva, io sono Śiva!


- ADI ŚAṄKARA-
[traduzione di Mario Piantelli tratta da "Śaṅkara e il kevalādvaitavāda"]